Granulomi

Trattamento rimozione granuloma da filler - Gentile concessione D. Cassuto, MD

Le iniezioni di filler per riempire i deficit volumetrici ed eliminare le rughe rappresentano una delle procedure estetiche più utilizzate al mondo. L’aumento delle richieste e la presenza sul mercato di molteplici tipi di filler fanno sì che il tasso di complicanze, associato a queste iniezioni, sia in costante aumento. I filler non riassorbibili rimangono per anni nei tessuti e possono, potenzialmente, causare problemi infiammatori in ogni momento. Le complicanze infiammatorie dopo l’iniezione di filler non riassorbibili sono definite genericamente granulomi: cioè lesioni di natura infiammatoria, che appaiono come formazioni nodulari, caratterizzate da un’abbondante proliferazione di macrofagi, cellule giganti multinucleate, proteine, fibroblasti ed angiogenesi. In assenza di una diagnosi istologica si preferisce parlare semplicemente di noduli infiammatori. I granulomi si presentano come dei noduli strutturati in maniera ordinata e caratteristica, a seconda dell'agente patogeno che ne ha scatenato la formazione. L’intuizione di un trattamento che fosse efficace ed al tempo stesso mininvasivo, va attribuita al dott. Ovidio Marangoni, che ha trattato i primi casi in Italia nel 2006. Successivamente, un dedicato team medico, lavorando in sinergia con l’R&D di Eufoton®, ha studiato per anni l’effetto positivo del laser impiegato nel tentativo di risolvere tali problematiche. Vediamone il processo e gli effetti.
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    Correggere i granulomi da filler con laser ILT

    L'ILT – Interstitial Laser Treatment o trattamento laser intralesionale - è la prima tecnica che permette di eliminare in modo efficace e definitivo i granulomi da filler permanenti. Tali granulomi consistono in rigonfiamenti e indurimenti che si possono creare attorno alla zona nella quale sono stati iniettati i filler, a causa di un rigetto verso le sostanze utilizzate, che possono non integrarsi perfettamente con i tessuti. Fino ad oggi i granulomi sono sempre stati trattati, alternativamente, con iniezioni locali di corticosteroidi o di farmaci antitumorali oppure con la chirurgia. I risultati, però, non sono mai soddisfacenti: nella maggior parte dei casi si ottiene un miglioramento solo temporaneo con rischi di cicatrici evidenti, atrofia e depressioni tessutali. Il laser, invece, permette di evacuare gran parte del filler e interrompe il processo infiammatorio in modo definitivo, senza lasciare tracce evidenti.

    Come agisce il laser ILT?

    La luce laser, veicolata all'interno del granuloma attraverso una microfibra ottica, agisce su tre livelli.
    Innanzitutto, riscalda la zona, sciogliendo il filler. Tutti i filler permanenti, essendo sensibili al calore grazie all'effetto termico, passano dallo stato solido allo stato liquido. La sostanza sciolta esce dal micro foro usato per l'introduzione della fibra ottica.
    In secondo luogo, l'aumento della temperatura provocato dal laser necrotizza il tessuto infiammatorio che si origina sempre attorno al granuloma. Si forma così del pus sterile, che fuoriesce anch'esso dai forellini. In alcuni casi, soprattutto quando il granuloma è di grandi dimensioni, a distanza di un mese, si può praticare una piccolissima incisione per completare l'eliminazione del materiale.

    Si ipotizza poi che il laser agisca sul cosiddetto biofilm, un fenomeno la cui esistenza  sempre più accettata fra gli esperti del settore. In pratica, secondo molti esperti, quando si forma un granuloma, entrano in azione alcuni batteri che colonizzano la superficie di contatto fra le sostanze iniettate ed il tessuto, facendo nascere una reazione infiammatoria protettiva dove le molecole infiammatorie distruggono i batteri. In realtà tale reazione non ha successo: i batteri, infatti, creano una membrana che li avvolge e li protegge: il risultato è che l'infiammazione non si spegne più diventando cronica. Questo spiegherebbe perché i farmaci diano un esito positivo solo temporaneo: passato il loro effetto, la reazione si "riaccende".

    La presenza dei batteri spiegherebbe, inoltre, l'altissima percentuale di recidive dopo i trattamenti a base di cortisone ed altri agenti immunosoppressivi. Nel caso della chirurgia ablativa, la spiegazione della scarsa efficacia è un'altra: utilizzando il bisturi, il chirurgo sparpaglia i batteri del biofilm nella area circostante ed in breve tempo, dunque, essi si riattivano, causando un ampliamento del fenomeno infiammatorio. L'aumento della temperatura creato dal laser, invece, uccide i batteri curando in modo definitivo l'infiammazione.

     
                  
     
     

     

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